Iniziamo una nuova rubrica che tendenzialmente si ispira al concetto del nostro sito:”il vuoto a perdere”.
Ospiteremo uomini che inevitabilmente aprono gli occhi sul mistero della realtà (teoria-theorein).
Pescara città del vate e del pittore dei 1000 fiori
dei pescatori stanchi e delle donne in preghiera
dei quartieri snob e dei quartieri discriminati
dei benestanti al sole e dei bambini ai semafori
Pescara seduta sul mare inquinato
Pescara dei tanti figlioli impegnati.
Aldo Di Clemente è nato 48 anni fa sulle colline di Civitella Casanova un paese in provincia di Pescara.
- 1976 è presente come volontario nel terremoto in Friuli in C.R.I.
- 1980 Terremoto Irpinia: Avellino C.R.I.
- 1992 Missione Iran del sud vicino Bassora C.R.I. campo profughi sciiti
- 1994 Somalia – Johar Intersos:progetto ospedale 100 posti letto - riabilitazione di scuole, finanziate dalla Comunità pescarese, Caripe e Il Messaggero e piccoli progetti agricoli.
- 1996 Togo C.R.I. Ona villaggio centrale: apertura e formazione personale sanitario.
- 1997 Congo grandi laghi Uvira-Intersos: riabilitazione centro sanitario, scuole ed emergenza colera centro nutrizionale per 1500 bambini malnutriti.
- 1998 Burundi-Intersos: progetto centri nutrizionali, campi profughi provenienza Uganda
- 1998 Somalia-Intersos per continuare progetto iniziato nel 1994 interrotto nel 1996 per guerra civile
- 2000 Togo-Progetto
"Marco Di Martino"- Valutazione per costruzione orfanotrofio a Nadoba
- 2001 Togo-Progetto
"Marco Di Martino" - Inaugurazione orfanotrofio.
-
Nel 2000 promotore progetto gemellaggio tra Pescara e Johar-Somalia con supporto
economico, funzionamento ospedale e invito a Pescara di due tecnici africani per uno stage di sei mesi.
Intervista:
-
R. La sofferenza in ambito ospedaliero messa a confronto con quella di un piccolo villaggio del
Togo, Burundi o
Somalia.
-
R. I
paesi occidentali sono proiettati verso un benessere dove non si apprezzano più le piccole
cose, mentre nei paesi dove io sono stato non
c’è acqua, non c’è luce né sicurezza e i viveri essenziali, ma ho visto che lì si considera un penna
Bic,un paio di occhiali o un cappello..
Tornando alla sofferenza mentre per noi il livello di sopportazione è
bassissimo, lì sia la sofferenza fisica e soprattutto quella morale è
affrontata con una dignità unica.
Anche una piccola gioia viene vissuta in silenzio e gustata a poco a poco.
-
D. Nei
tuoi continui spostamenti nei vari villaggi africani cosa ritieni sia
cambiato nel tuo profondo?
-
R. Negli
ultimi 10 anni 6 li ho trascorsi in Africa e questo chiaramente ha
inciso profondamente sul mio carattere; mi
sono rapportato con uomini di culture diverse, religioni varie, alimenti completamenti
opposti a quelli a cui ero abituato, e questo mi ha portato ad apprezzare le cose in piccolo carpendo
a micro-dosi le abitudini e regole di comunità varie evitando di
giudicare o suddividere l’esperienza in destra o sinistra, in bianco o
nero, ma aprirsi ad un concetto universale dove al centro emerge l’uomo.
-
D. Johar-Somalia, diversi
anni fa mi confidasti di una notte molto strana dove temesti per la tua
vita, cosa ti spinge a non calcolare il rischio?
-
R. Nel
1994 ero a Johar-Somalia con tre amici e ci arrivò la notizia la
notizia dell’uccisione di Ilaria Alpi, e malgrado i rischi non ci
sentimmo di abbandonare l’ospedale da 90 posti che con impegno e gioia
avevamo messo in piedi.
E
la forza di restare ce la diede gli occhi di un popolo che comunicava
nel silenzio. Chi non ha paura non è cosciente, anche se i pericoli erano
all’ordine del giorno.
- D. Di
fronte ad un uomo di colore ho visto i tuoi occhi illuminarsi di una
tonalità speciale!Perché?
- R. Davanti
ad un uomo di colore mi porgo come se stessi sfogliando il mio diario,
in ogni viso ricordo un amico, una tribù e le esperienze
agro-dolce vissute.
Ed
era impossibile non amarli prendendo le loro difese ad ogni costo.
- D. Attraverso
i mass-media quotidianamente l’Africa ci viene rappresentate in un
modo ma toccando con mano com’è la realmente?
- R. La
politica occidentale non è mai riuscita a raccontare nelle nostre case
l’Africa così com’è, interessandosi spesso delle realtà più
emancipate e dimenticandosi volutamente delle piccole.
Un
tempo il colonialismo portava scuole, strade ospedali ecc.; oggi è
sommerso e invisibile, e va a pesare sempre più nelle tasche di pochi a
discapito di molti.
- D. Qual
è la domanda più ricorrente che ti ponevano gli abitanti dei villaggi
più colpiti dalla povertà e dalle guerre?
- R. Il
sogno di ogni africano è di venire ad abitare nel paradiso(finto!) occidentale
e tutti ci chiedevano di voler tornare con noi in Italia, anche se da
parte mia cercavo di far capir loro, che la prima facciata era solo un
inganno al grande sogno di fuga!
- D. A
tutti i tuoi amici che seguono le tue gesta fin dai primissimi anni cosa
ti senti di comunicare?
- R. Gratitudine
infinita!!!!!!
Grazie
ai fratelli che mi sostengono non ho mai deluso i miei impegni, un
container, un gemellaggio, una scuola, un ospedale o un orfanotrofio
tutto è
stato realizzato!!!
- D. Quali
sono i tuoi progetti futuri e perché il tuo cuore punta spesso verso
l’Africa?
- R. In
settembre sarò in Angola del sud per circa due anni, e devo confessare
che ormai l’Africa iniziava a mancarmi, il contatto con chi soffre è
inappagabile e mi riempie tanto l’animo.
Amo
l’Africa perché sento in me una libertà unica, che non ha né
orologio né tempo.
- D. La
domanda facile facile,le tante cose realizzate hanno in comune delle persone che in questa intervista ti senti di voler ringraziare?
- R. All’inizio ho trovato l’ostacolo più grande con la mia famiglia, mia madre, mia moglie e i fratelli, ma esternando loro la mia passione i miei progetti in breve tempo si sono rilevati i miei primi sostenitori convinti.
Toccando
con mano in prima persona il mio operare sia in Africa che
nell’attività in Italia.
Ma
a chi tengo di dover dire grazie è mia moglie Carla che si è dovuta
sobbarcare il duro compito di padre e madre educando i miei figli, e
proteggerli negli anni in cui sono stato poco presente.
Grazie Aldo!
Conto corrente postale: 11414992
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